Queste frasi sembrerebbero essere tratte da una poesia, ad esempio del poeta inglese romantico P. B, Shelley (in questo post è presente una sua poesia); in realtà questo passo è tratto da un'opera filosofia: uno dei trattati di Giordano Bruno, De la causa, principio et uno.
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In quest'opera, stampata in lingua italiana a Londra nel 1584, il filosofo sostiene l'unità di causa universale e principio universale, elaborando una concezione animistica della materia, ovvero una materia eterna, viva, infinita. Per comprendere questo concetto bisogna innanzitutto chiarire in che modo Bruno definisca Dio: sia come mens super omnia, inconoscibile all'uomo e trascendente, che come mens insita omnibus, cioè mente presente in tutte le cose, principio primo e immanente del cosmo, e dunque accessibile alla mente umana.
In quest'ultimo senso si può parlare di Dio come anima del cosmo, il quale opera tramite l'intelletto universale, cioè tramite l'insieme di tutte le idee, o forme, plasmate dalla materia, specificandola negli infiniti esseri del mondo. Inoltre, l'intelletto universale, definito come motore de l'universo , artefice interno, fabbro del mondo opera come una forza seminale e intrinseca alla materia.
Proprio a ciò si riferisce la citazione iniziale, all'intelletto universale, definito come artefice interno in quanto plasma la materia per formare le idee negli esseri, similente a quanto efficacemente descritto nella metafora dell'albero, come un ecosistema di elementi plasmati a partire dall'interno, dal profondo, dalla sua essenza.
Monumento a Giordano Bruno nella piazza di Campo de' Fiori, Roma, luogo in cui venne arso vivo nel 1600 |
Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/De_la_causa,_principio_et_uno
libro di testo: Abbagnano, Fornero, L'ideale e il reale 2, Pearson
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